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Sandro Marenco, il primo “diversity prof” italiano

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Iscritto a medicina per passare a lingue straniere, una carriera lanciata nel marketing di grandi aziende di elettrodomestici per giungere poi al mondo della scuola. Ritratto di un insegnante atipico che si è posto un obiettivo: ascoltare i ragazzi, dialogare con le parole adatte per eliminare discriminazioni e pregiudizi.

Sandro Marenco sul web e tra i ragazzi è una celebrità: quasi 130mila follower su Instagram, oltre 300mila su TikTok che seguono le lezioni di inglese basate sui testi delle canzoni e ascoltano una persona che si racconta con tutte le sue emozioni, i suoi stati d’animo, come fosse uno di loro.

Un’esperienza al centro del suo libro “Dillo al Prof”, un hashtag e una casella di posta elettronica a cui inviare domande, chiedere consigli o semplicemente raccontarsi sicuri che dall’altra parte ci sia qualcuno che sa davvero ascoltare.

E proprio da questa capacità di ascolto, da una sensibilità non comune e dal suo essere un insegnante fuori dagli schemi nasce l’idea del “Referente Diversità e Inclusione” (soprannominato poi Diversity Prof dal giornalista Pasquale Quaranta) all’interno dell’ITIS Volta di Alessandria, ad oggi unico caso in Italia, ma che sembra già aver contagiato i colleghi di altre regioni.

Lo incontriamo in chat, al termine delle lezioni, nella sua casa alla periferia della città circondato dai suoi amati gatti. La sua simpatia e la forza empatica passano immediatamente attraverso lo schermo al punto tale che, quando ti chiede con sguardo sornione “posso offriti un caffè”, ti aspetti che la sua mano con la tazzina fumante esca dallo screen e arrivi a te. Ma da dove nasce e perché questa figura?

“Avevo letto del ruolo del diversity editor all’interno di uno dei maggiori quotidiani italiani e mi sono detto: se i giornalisti, che con le parole ci lavorano, sentono l’esigenza di rivedere il loro linguaggio, di prestare maggiore attenzione alle espressioni che utilizzano ogni giorno a favore di una maggiore inclusione, anche noi nel mondo della scuola dove le parole sono altrettanto importanti dobbiamo fare qualcosa.

A questa considerazione aggiungo una mia predisposizione all’ascolto, un valore che ho sempre ritenuto fondamentale. Voglio che ognuno dei ragazzi si senta “visto” da me con i suoi sogni, le sue paure, i suoi talenti e i suoi punti di debolezza, non solo come studente a cui spiegare una lezione, assegnare un compito e dare voti. Il mondo intorno a noi cambia, gli adolescenti di oggi non sono gli stessi anche solo di cinque anni fa e la lingua deve quindi adattarsi a questi cambiamenti”.

Grazie alle sue convinzioni e alla dirigente Maria Elena Dealessi che crede in questo progetto, viene ufficializzato il ruolo del “Referente Diversità e Inclusione” affidato appunto a Sandro Marenco: un punto di riferimento per i ragazzi, ma anche per le famiglie e gli stessi docenti.

In questo primo anno di prova, Marenco ha già tracciato la rotta e lanciato il progetto “3 days all inclusion”: tre giorni in cui alunni, genitori e insegnanti discutono un tema specifico.

Al centro della prima edizione, il peso delle parole per riflettere sulle nuove terminologie, sul loro significato e sull’uso corretto per non offendere, anche involontariamente, le persone. “Sto già pensando all’edizione del prossimo anno che vorrei dedicare a discriminazione e pregiudizi, sempre molto difficili da eradicare soprattutto fra gli adulti”.

Ma che cosa fa in concreto il professor Marenco? “Quello che ho sempre fatto, ma oggi è un ruolo ufficiale e riconosciuto. Ricevo le segnalazioni di chi si è sentito discriminato, parlo con la persona lesa e con chi ha offeso. Ne discuto a lungo cercando di capire le ragioni di certi comportamenti. Il più delle volte l’offesa è involontaria, si pensa di essere simpatici facendo una battuta e non si capisce che quelle parole possono ferire profondamente un tuo simile. In questi primi mesi i casi hanno riguardato in particolare l’orientamento sessuale e la violenza sulle donne. Ma il mio compito è diffondere una cultura dell’inclusione che abbraccia ogni sorta di discriminazione: fisica, etnica, religiosa, politica, culturale”.

Ascoltandolo viene il dubbio che essere così popolare e alla mano vada a scapito della credibilità e dell’autorevolezza. “Sono molto severo con i ragazzi, faccio note tremende e sono molto esigente. Forse la differenza con i colleghi è che, quando assegno un brutto voto a uno studente, appena esco dall’aula lo stesso ragazzo mi cerca per confidarmi un suo problema o per raccontarmi qualcosa della sua giornata. Come se nulla fosse. Qualche volta mi chiedo se sia giusto, ma la risposta me la do da anni. Non mi interessa avere ragazzi che hanno paura di me, ma ragazzi che si aprono, che si confrontano e con i quali costruire un futuro migliore”.


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